Nel 1381, una nobile signora, già in età avanzata, ebbe la visione di un angelo che le annunciò: “Avrai una figlia e la chiamerai Rita”. Così, in un villaggio montano del comune di Cascia (Perugia) Roccaporena, venne al mondo la figlia di Amata Ferri e Antonio Lotti.
Era molto piccola quando i genitori la portarono in campagna e la adagiarono in un cestino di vimini, mentre loro lavoravano. Un giorno fu circondata da uno sciame di api e depositarono il miele nella sua boccuccia, senza pungerla. Un contadino che si era ferito con la falce, passava di lì, vide la scena e si diede da fare per allontanare le api che volarono via ma, il suo braccio era guarito. Quello fu il primo prodigio operato da Santa Rita. Da bambina ella si raccoglieva in preghiera e veniva visitata da un angelo, spesso nella chiesa di Sant’Agostino o nel monastero di Santa Maria Maddalena, nella vicina Cascia. Poichè apparteneva ad una famiglia benestante, Rita ricevette un’ istruzione superiore a quella delle donne del suo tempo. Dalle notizie raccolte dagli agiografi, risulta che Rita era di una bellezza straordinaria e, aveva appena compiuto tredici anni quando i genitori la promisero in matrimonio ad un giovane ufficiale, Paolo Mancini, legato alla fazione ghibellina. Il giovane aveva una posizione adeguata a quella dei Lotti; era proprietario di un mulino ma, era mal visto dagli agricoltori che si ritenevano defraudati di parte del raccolto. Egli era un uomo prepotente e spesso maltrattava anche la moglie.Gli sposi ebbero il dono di due gemelli: Giangiacomo e Paolomaria. Con la loro nascita e con la pazienza e l’affetto di Rita, l’uomo si trasformò in una persona nuova ed accompagnava la moglie in chiesa e partecipava a tutte le funzioni religiose, molto sentite e frequenti a Cascia, per via dell’influenza culturale agostiniana, benedettina e francescana. Ma era anche un’epoca di sopraffazione e di violenze; dominava l’odio, faide politico-militari, conflitti tra guelfi e ghibellini e ancora: ostilità per interessi economici, nobili contro la plebe, ricchi contro poveri, artigiani di una confederazione contro quelli di un’altra. Anche Paolo era coinvolto in queste inimicizie anche se, l’amore di Rita lo teneva lontano dai malavitosi. In una notte del 1413, Paolo venne ucciso in un’imboscata, mentre rientrava dal suo mulino. A Cascia regnava l’odio al punto che le leggi regolavano la vendetta; fu ucciso perchè aveva rinunciato alla violenza e per il sospetto di una sua conversione alla causa guelfa. Lasciò la moglie di trentadue anni e i figli quindicenni; Rita cercò di nascondere ai figli la morte violenta del padre per paura che essi volessero vendicarsi e divenire a loro volta bersaglio di vendetta. Per sottrarli a un atroce destino, pregò l’Onnipotente di toglierli dal mondo; si ammalarono e morirono, Rita soffrì moltissimo ma, la loro salvezza eterna era al di sopra di ogni altra esigenza. Da quel momento si ritirò in preghiera in un rifugio, in cima al monte chiamato Scoglio, una roccia scoscesa sopra Roccaporena;si coprì con un manto di pelle caprina ( oggi preziosa reliquia nel Santuario di Roccaporena); visse in isolamento, alla ricerca dell’Amore soprannaturale. Poi fu accolta presso le suore del monastero agostiniano di Santa Maria Maddalena ma, queste la respinsero per tre volte, per il timore di trovarsi coinvolte nella faida tra famiglie. La scelta religiosa di Rita era condizionata dalla necessità di porre fine a una faida tra famiglie influenti di una società dilaniata dal rancore civile; lei confidava nell’aiuto dei suoi santi e si sottoponeva a mortificazioni fisiche, continui digiuni, estenuanti penitenze. Le trattative durarono quattro anni e, alla fine, avvenne la conciliazione tra la famiglia di Paolo e quella dei suoi carnefici. Finalmente, nel 1417 fu accolta nel convento agostiniano e divenne suora a trentasei anni. Secondo una leggenda, l’ingresso avvenne per una fatto miracoloso: mentre stava pregando sullo scoglio ebbe la visione dei suoi tre santi protettori: Giovanni Battista, Agostino, Nicola da Tolentino, la trasportarono a Cascia conducendola in volo dall’alto picco della roccia, all’interno del monastero. Quando le suore la videro in orazione, nel coro, benchè tutte le porte fossero chiuse, decisero di accoglierla, fu suora per quarant’anni. Il convento non era solo luogo di preghiera, accoglieva gli indigenti e venivano curati i malati. Rita li guariva! Il suo primo prodigio da suora avvenne quando, per umiliarla, le chiesero di innaffiare uno sterpo di vite rinsecchito e privo di vita. L’arbusto riprese a germogliare e, ancora oggi, nel cortile dell’antico monastero, s’inerpica su per il muro una vite dal tronco secolare (i fedeli attribuiscono poteri straordinari di guarigione alle polverine di Santa Rita, ricavate dai suoi tralci).
Rita si nutriva per mesi a pane ed acqua, digiunava tutte le vigilie; il Venerdì Santo del 1442, dopo aver ascoltato una predica sulla passione del Signore, Gli chiese di poter soffrire con Lui, il Crocifisso la esaudì : una spina si staccò dall’immagine dipinta sulla parete e le si conficcò nella fronte provocandole una dolorosa ferita indelebile. Negli ultimi giorni di vita, era immobile a letto e ricevette una visita da una sua parente che le chiese se volesse qualcosa della sua casa di Roccaporena; rispose che avrebbe voluto una rosa del suo orto ma, non sarebbe stato possibile perchè era pieno inverno. Rita insistè e la parente andò nell’orto, nel roseto trovò una rosa appena sbocciata e gliela portò. Santa Rita è ricordata anche come la Santa delle rose. IL 22 maggio 1457 lasciava la vita terrena, la piaga sulla fronte si rimarginava, un profumo di fiori, l’odore della santità profumava la stanza, le campane delle chiese e dei conventi suonavano a festa senza che nessuno le muovesse. Il giorno del funerale molte api si annidarono nelle mura del convento dove stanno ancora oggi: sono api che non hanno alveari, da oltre cinque secoli si riproducono in quei luoghi. Molti prodigi si sono verificati a tre giorni dalla morte: i ciechi tornavano a vedere e i sordomuti si misero a declamare preghiere. Innumerevoli sono le grazie attribuite alla sua intercessione nel corso dei secoli. La canonizzazione fu proclamata in San Pietro il 24 maggio 1900 di fronte a duecentomila devoti alla Santa degli impossibili.
