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Le pagine nere della Calabria

Non le amiamo, ma bisogna considerare che una civiltà non è fatta solo di luci ma anche di ombre.

Ci sono pagine che vorremmo non fossero mai state scritte. Una di esse è il consolidarsi del feudalesimo sotto i Normanni. Come hanno potuto i Padri Bruzi delle campagne farsi ridurre in servitù, diventare merce vendibile, trasmissibile insieme con la terra? Diventarono servi delle gleba ma, nella metà del Cinquecento Marco Berardi capeggiò la rivolta contadina contro la Spagna. Scomunicato dal Papa, nominato Re da una moltitudine armata, vittorioso sotto le mura di Crotone, minacciato dal duca di Alcalà. Re Marco della Sila, famoso in Europa finisce la sua vita spento di malinconia, abbracciato alla sua diletta Giuditta, in una grotta ai piedi di un monte. Sepolto nel cimitero di Santa Caterina, con un cerchio di ferro sul teschio e la scritta “ Marco, re dei monti” sul petto.

Sotto i Normanni furono fondate le baronie territoriali e, più tardi anche sotto gli Angioini, gli Spagnoli, i Borboni, ancora più ingrandite.                                                               Altra pagina da dimenticare è quella della Restaurazione sanfedista, capeggiata dal cardinale Ruffo. Orde di bruti si lanciarono al massacro dei patrioti.

E ancora la cattura e il supplizio di Gioacchino Murat e la cattura e il supplizio dei Fratelli Bandiera, fucilati nel vallone di Rovito, dagli sgherri di Ferdinando II.

Nella civiltà della Calabria, per molti secoli la  nostra storia appare interrata, come Sibari nel letto del Crati ( dagli ultimi secoli dell’Impero al medioevo, dai Comuni alle Signorie). Sonno secolare che, per la Calabria equivale ad assenza di storia.

Improvvisamente, ecco rizzarsi una torre che dà la vertigine dell’altezza e, quella torre si chiama ora Cassiodoro, ora San Nilo, ora Gioacchino da Fiore, ora San Francesco di Paola, ora Telesio, ora Campanella. Sono uomini universali nella cui fede, nel cui genio si riconosce un secolo, sono i fiori più rari della pianta umana.

Cassiodoro di Squillace è l’ uomo più completo del sesto secolo: grande uomo politico, scrisse di tutto, di politica, di grammatica, di dialettica, di musica, di retorica. Dobbiamo a lui il tentativo di fondere la monarchia gotica con l’Italia romana che egli voleva strappare alla pressione di Bisanzio. La sua “ Historia  Gothica “esalta Teodorico contro la Chiesa. Nelle “ Variae  “sono raccolte le lettere che consentono la conoscenza del suo secolo e dei suoi protagonisti. Quando Belisario annientò il governo legittimo italo-gotico, tramontò il suo sogno, si ritirò in se stesso e scrisse il “ De Anima “. Ritornò a Squillace, sua culla, fondò il Vivarium e, il chiostro diventò uno dei fari più luminosi della cultura del secolo. Nel convento i frati studiavano i testi antichi e copiavano le opere di storici e di poeti.

San Nilo

E’ il  Santo di  Rossano, di famiglia agiata, divenne eremita e, nelle montagne fondò il monastero di Sant’ Adriano. Qui trova ampia libertà per la sua vocazione, spazio per le sue meditazioni, concentrazione per il suo lavoro, più ala per le sue estasi. Egli rappresenta la Calabria mistica del X secolo e, tra i ripetuti orrori delle invasioni saracene, copia in greco le Vite dei Padri, la Bibbia, i grandi profeti profani. La sua biografia è il capolavoro dell’ agiografia bizantino-calabrese.

Gioacchino da Fiore  

Profeta  ricordato da Dante e collocato nel Cielo Quarto o del Sole, a fianco di San Bonaventura. Il calabrese abate Giovacchino nasce a Celico nel periodo in cui divampa in Europa l’eresia càtara che portava idee contro la Chiesa Cattolica, contro il Vecchio Testamento, contro la famiglia, contro il matrimonio, contro la giustizia e contro la vita sociale. Gioacchino conserva la durezza del contadino e, il suo messaggio, viene considerato una finestra spalancata nella notte del Medioevo, mentre l’eresia càtara spingeva all’estinzione per fame e scalzava lo Stato dalle fondamenta. Egli offriva germi fecondi con la sua predicazione.

Le prime due età del mondo sono state: l’età del Padre e l’età del Figlio ed ora siamo in attesa della terza età: quella dello Spirito, della Grazia piena, della Libertà. Sono trascorsi 800 anni e, ancora, siamo in attesa della realizzazione della profezia di Gioacchino. La Libertà  è realizzabile attraverso l’azione di un monachesimo riformato che possa realizzare la giustizia sociale nella nuova civiltà del lavoro. IL “ calabrese di Dio “vuole eludere una realtà umana dolente, volgendo lo sguardo verso il futuro, verso l’avvenire; per questo motivo il Concilio Lateranense del 1215 lo condannò ma non impedì che le sue premesse si realizzassero nella purezza mistica e contemplativa di San Francesco d’Assisi, come inizio di quella Terza Età.

 

– Da Calabria Grande e Amara di Leonida Repaci –

Carmela Costanzo

 

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