La nostra mente è costantemente diretta dalle nostre aspettative e dai nostri desideri; più che considerare la realtà così com’è, noi siamo attenti al mondo come dovrebbe essere, a come ci si aspetta che sia, ci costruiamo un modello del mondo e poi cerchiamo continuamente ciò che ce lo conferma. La nostra valutazione cognitiva, il nostro modo di interpretare i fatti discende da qui. Alcune modalità interpretative degli eventi sono più funzionali di altre, ci rendono più resilienti e ci aiutano a raggiungere obiettivi e a superare difficoltà. Non solo, vedere le cose in un certo modo, ci rende anche fisicamente meno vulnerabili allo stress. Però spesso ci costruiamo modelli sbagliati che alimentano lo stress; la pretesa che esista un mondo prevedibile e giusto( dove giusto significa costretto a soddisfare le aspettative) innesca comportamenti infantili ancora più forieri di stress. Spesso la nostra valutazione cognitiva suggerisce interpretazioni che alimentano lo stress soprattutto quando il nostro cervello persegue delle priorità che ritiene più importanti rispetto all’obiettivo di essere pienamente in contatto con la realtà, una di queste è salvaguardare l’Ego, impedendoci di provare sentimenti negativi nei confronti della stessa nostra autostima. Per ottenere questo, la nostra mente è in grado di distorcere la realtà:” troppa verità fa male”.
Folkman e Lazarus, autori fondamentali della Teoria dello stress, operarono una distinzione fondamentale: quella tra le forme di coping: gestione delle avversità, dirette a modificare la realtà e quelle incentrate sul “medicare i propri stati emotivi”. In questo caso il nostro cervello preferisce costruire modelli meno veri ma più “ zuccherati”, in grado di produrre un effetto consolatorio di fronte agli smacchi, alle frustrazioni, agli insuccessi; salvano l’autostima ma spesso lo fanno a spese del raggiungimento degli obiettivi. Ciò vuol dire che, quanto più è ipertrofico il nostro Io, più saremo vulnerabili a qualsiasi stressor. Ci sono persone che vedono messa a repentaglio la loro autostima da ogni piccolo insuccesso; sono persone che non sanno perdere, vivono ogni delusione come una catastrofe. Si abituano a distorcere completamente la realtà, pur di mantenere intatta questa immagine di sé. Altri modelli del mondo hanno come scopo quello di proteggerci dall’impegno, dalla fatica e dall’assumerci troppe responsabilità: meglio autocommiserarsi, vedersi nel ruolo di vittime universali che mettersi in gioco in prima persona. Il vantaggio di questo modello cognitivo è che consente di non assumersi la responsabilità delle cose, attribuendola sempre all’esterno di sé. Il risultato produttivo è forse tragico ma l’autostima è salva. Un modello consolatorio molto diffuso e pericoloso è quello di attribuire l’insuccesso a cause esterne. Un esempio: un atleta anticipa che non ha potuto prepararsi bene alla gara perché non ha avuto molto tempo per allenarsi; in caso di riuscita attribuirà la vittoria alle sue personali abilità. Il mancato successo sarà attribuito a cause esterne, cioè alla impossibilità di allenarsi ( impegni lo hanno distolto dall’allenamento).
Carmela Costanzo
Bella e profonda la tua analisi sull’Ego e sulle conseguenze che il suo mancato appagamento e al mancato verificarsi dei suoi “desiderata”, procura alla psiche. Vero!!. Ma l’uomo vive di debolezze più che di risolutezza. Qualche volta è bello sentirsi deboli per farsi commiserare dall’amico. Nel chiaroscuro della vita, penso, alberghi la felicità.
"Mi piace""Mi piace"